Quattro highlights da Avvocati d’affari: la via italiana per i business lawyers

Copertina del libro avvocati d'affari

Quattro highlights da Avvocati d’affari: la via italiana per i business lawyers

Nel leggere il libro “2006-2016 Avvocati d’affari, segreti storie protagonisti” di Nicola Di Molfetta, direttore di Legalcommunity, sono stata contenta di ritrovare alcune considerazioni che in qualche modo confermano quello che ho sempre pensato con riguardo alle riforme indispensabili nel sistema dei servizi legali: la necessità di una “via italiana” che salvaguardasse la potente tradizione legale (che – parliamoci chiaramente- altri mercati hanno sempre invidiato) e la proiettasse nel futuro.

Questa unità di visione era un fatto tutt’altro che scontata, per i percorsi differenti attraverso i quali io stessa e Nicola (un amico stimato) ci ritrovavamo impegnati nel settore della comunicazione legale e forense.

Durante i primi anni di questo viaggio italiano dei business lawyers, ricoprivo l’incarico di responsabile della Comunicazione del Consiglio Nazionale Forense, e Nicola era il collega che partecipava ad un progetto senz’altro innovativo nel mondo legal ma con una matrice che appariva eccentrica rispetto alla “tradizione” forense italiana: quella anglosassone, o meglio, quella USA. Law firm dai grandi numeri, aziende del diritto, avvocati già inseriti in ingranaggi multilivello, domanda e offerta regolata dal mercato, che fissava prezzi e fees, marketing e pubblicità. In quel momento, complice la spinta politica alle liberalizzazioni dei servizi, compresi quelli legali (con uno strabismo grave rispetto alla situazione del mercato italiano), sembrava che non ci fosse altra via se non quella “importata” dall’estero.

Si stava verificando una concomitanza di eventi – e convenienze di vario genere- che ha rappresentato in Italia un detonatore in un ambiente fino a quel momento indubbiamente “immobile” – apparentemente pietrificato. Con la conseguenza apparente di voler contrapporre due modelli e sancendo la superiorità di quello estero.

Eppure…il libro finisce con il raccontare un’altra storia; e non a stelle e a strisce ma italiana. Attenzione: sia che gli avvocati d’affari abbiano scelto di “rimanere in proprio”; sia che abbiamo scelto la strada delle joint o dei matrimoni con le sigle globali. Una storia tessuta con il filo della tradizione, della creatività giuridica italiana, delle capacità “manageriali” degli avvocati cresciuti all’ombra degli studi legali blasonati. E hanno imparato.

Per carità, non che la detonazione non sia stata utile a “dare una sveglia” ma la via italiana è stata possibile solo perché il migliore mercato legale era pronto…eccome.

Non posso soffermarmi su tutti gli aspetti, i distinguo e le avvertenze, ma vorrei enucleare quattro highlights che a mio avviso possono essere di insegnamento “generale”, anche oggi in piena “rivoluzione digitale”:

1)     La concorrenza. Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare. La “concorrenza”- qualsiasi sia la matrice – è sempre un detonatore. Delle due, l’una: a) o vai in mille pezzi; b) o pianifichi la tua svolta. La capacità di mettersi in gioco è strategica;

2)     La competenza. La storia dei business lawyers italiani è una storia di competenze solide, curate costantemente, nutrite e allargate al management ed alla innovazione;

3)     Relazioni. Nel bene e nel male, anche quella delle relazioni è una storia italica. Il punto è che capire qual è il proprio network e la propria clientela è il primo passo per individuare aree di sviluppo e di prospects;

4)     L’organizzazione. A ciascuno, la sua. Basta che sia. Che si sia scelto la dimensione global, boutique o super boutique, dietro la scelta c’è tanta analisi, studio, pianificazione, individuazione dei propri obiettivi. Ed è agli obiettivi di medio e lungo termine che la strategia di sviluppo e comunicazione deve guardare.

Postilla. Va bene la business law, ma ci sono comparti “tipici” tricolori che per di più sono anticiclici: contenzioso e tax. Anche in questo, gli avvocati italiani hanno avuto perspicacia, perseguendo la “via italiana”.

0 Condivisioni

Related posts

La comunicazione sostenibile del giurista social

La tradizione romanistica vuole il “giurista” indipendente e terzo in quanto depositario di un sapere “scientifico”, autonomo. Competenza tecnico-giuridica e capacità di essere riconosciuti come affidabili (nel senso di essere meritevoli di fiducia) sono state, in estrema sintesi, le qualità senza le quali il giurista non può ricevere riconoscimento nel contesto sociale. Non è un

Read More

Comunicazione dello studio legale: come scegliere il social giusto nel 2023

Linkedin o Instagram? Ma allora perché non Meetup o Discord o Whatsapp? Oppure Youtube o Telegram?La comunicazione degli studi legali si avvantaggia ormai di una serie di canali social; un ventaglio di possibilità, forse troppe per strutture che da poco si sono avvicinate alla presenza social e alla comunicazione disintermediata.I persistenti timori deontologici; il linguaggio

Read More

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti per rimanere aggiornato Nota: Non mandiamo spam