Il 12 luglio è entrato in vigore il regolamento Ue Platform to Business, che introduce nuove regole per una economia on line fair”, rivolte alle piattaforme e ai marketplace BtoB.
Esso, in estrema sintesi, vieta alcune pratiche che la Commissione Ue giudica sleali quali la sospensione inspiegabile degli account, i termini e condizioni poco chiari, criteri di ranking pressocché segreti, difficoltà ad accedere a sistemi di reclamo e di risoluzione delle controversie.
Il Regolamento crea un “sistema” che appare autonomo finanche nella patologia, prevedendo un meccanismo di reclamo e di mediazione ad hoc, per accelerare i tempi di soluzione di eventuali controversie tra operatori economici digitali. Il Regolamento è il primo passo verso il Digital Services Act, che si propone di disciplinare “all’europea” l’economia digitale, soprattutto quando essa si svolge on line tramite piattaforme di intermediazione e motori di ricerca in grado di esercitare una “influenza” contrattuale nei confronti della vasta platea di business che sbarcano in rete. L’obiettivo è evitare che questi contraenti forti, che posseggono le chiavi per portare i business on line, si trasformino da “porta di ingresso a portieri”, decidendo in maniera unilaterale le condizioni e potendo, perciò, crear loro gravi danni.
Avv4.0 ha cercato di interrogarsi su quali sono gli impatti che possono prodursi su legal tech, legal marketplace, avvocati e consulenti legali, nella loro veste sia di “fruitori” sia di (eventualmente) “fornitori” dei servizi disciplinati.
Abbiamo sintetizzato qui “quello che non si può non sapere”.