Anno 2020. Dal 9 agosto 2019 (data di entrata in vigore della legge “Codice Rosso”9 all’8 agosto 2020 si sono registrati 2.526 casi riguardanti le nuove fattispecie introdotte dalla legge 69/2019.
In particolare, sono stati denunciati 718 casi di Revenge Porn, 56 di lesioni permanenti al viso, 11 di costrizione o induzione al matrimonio e 1.741 violazioni di provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
La percentuale delle vittime donne varia a seconda dei reati: 81,62% per il Revenge Porn, 24,07% per i casi di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, 63,64% in caso di costrizione o induzione al matrimonio e il 76,07% riguarda le violazioni di provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. ( Dati del report “Un anno di Codice Rosso. Reati spia e femminicidi“, edito dal Ministero dell’interno lo scorso 25 novembre 2020).
Reati spia della violenza di genere. I cosiddetti “reati spia” riguardano tutti quei delitti che sono indicatori di violenza di genere, espressione dunque di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica diretta contro una donna in quanto tale. Sono: gli atti persecutori o stalking (art. 612-bis c.p.), i maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.) e le violenze sessuali (art. 609-bis, 609-ter, e 609-octies c.p.).
Nel periodo gennaio-settembre 2020 l’andamento dei reati spia è stato altalenante, con numeri comunque inferiori rispetto a quelli dello scorso anno (a marzo 2020 sono stati 2.516 a fronte dei 3.319 di marzo 2019 e ad aprile 2.586 contro i 3.125 di aprile 2019).
Questa diminuzione, tuttavia, soprattutto nel primo periodo di lockdown, sembrerebbe riconducibile alla difficoltà per le donne, dovuta anche alla presenza costante del partner in casa, di raggiungere i luoghi idonei ad accoglierle e di presentare eventuali denunce/querele. In questo periodo, infatti, molti centri antiviolenza hanno registrato una complessiva diminuzione delle chiamate.
A settembre 2020 il totale dei casi di stalking, maltrattamento e violenze sessuali è pari a 28.831 contro i 31.700 del 2019.
La maggior parte delle vittime ha un’età compresa tra 31 e 44 anni (37% nel periodo 2019 e 36% in quello 2020), seguono quelle tra i 18 e 30 anni (23% nel 2019 e 22% nel 2020).
In merito alla nazionalità, la percentuale di vittime italiane oscilla tra l’81% del periodo 2019 e l’80% del periodo 2020.
Dopo il lockdown, si è verificato un nuovo aumento delle tre fattispecie (a maggio i casi arrivano a 3.501, superando i 3.280 del 2019), che si mantiene costante fino a luglio, quando si è raggiunto il picco massimo (3.646).
Vittime di omicidi (gennaio-settembre 2020). Tra gennaio e settembre 2020, si sono registrati 211 omicidi, di cui 110 sono stati commessi in abito familiare/affettivo. Il numero delle vittime di sesso femminile è stato pari a 88 (+7,3% rispetto lo stesso periodo del 2019). L’incidenza di donne uccise da partner o ex partner, calcolata sul numero delle vittime donne di omicidi in ambito familiare-affettivo, è pari al 69%.
FEMMINICIDI PER FUTILI MOTIVI
Nel 2019 gli omicidi sono 315 (345 nel 2018): 204 uomini e 111 donne. Il 19,7% (di cui 17,6% maschi e 23,4% femmine) è composto da vittime straniere. Nel 2019, così come nel 2020, l’uso di armi improprie (come un coltello, un’utensile da lavoro) negli omicidi volontari di donne avvenuti in ambito familiare/affettivo è stato il più diffuso modus operandi (30 omicidi), seguito dall’uso di arma da fuoco (23 casi).Per quanto concerne il movente, nel 2019, il 30% delle donne sono state uccise per motivi passionali (contro il 16% ne 2020), mentre il 29% per lite/futili motivi. Nel 2020, invece, l’omicidio per lite/futili motivi è quello predominante (40%).
Secondi i dati Istat, delle 111 donne uccise nel 2019, l’88,3% è stata uccisa da una persona conosciuta. Per oltre la metà dei casi (61,3%) le donne sono state uccise dal partner attuale o dal precedente. In particolare il 49,5% dei casi dal partner attuale, corrispondente a 55 donne, l’11,7% dall’ex partner, (13 donne), nel 22,5% dei casi (25) da un familiare e nel 4,5% dei casi (5) da un’altra persona che conosceva (amici, colleghi, ecc.).
L’età predominante delle vittime dei partner è 25-34 anni (l’82,4%), seguita dalle 35-44enni (78,9%), le 55-64enni (70%) e le 45-54enni (65%). Solo le 18-24enni sono uccise in eguale misura da partner, parenti e persone a loro sconosciute (tutte nel 33% dei casi). Al contrario, i maschi di tutte le età, fatta eccezione dei minorenni e degli anziani, sono uccisi prevalentemente
da persone non conosciute dalla vittima.
Rapporto Istat Vittime Omicidio
Anno 2019. Il 9 agosto entra in vigore la legge cosiddetta “codice rosso”, legge n. 69/2019, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 29 luglio. Vediamo le principali novità, sintetizzabili in un “giro di vite” per i delitti di violenza familiare e di genere.
I nuovi reati. Sono introdotto nuove fattispecie delittuose: Costrizione al matrimonio, il cosiddetto “Revenge porn”, ossia la realizzazione, diffusione e condivisione di video e immagini sessualmente espliciti (punito con reclusione da uno a sei anni e pena pecuniaria da 5mila a 15mila euro), il delitto di deformazione dell’aspetto mediante lesioni permanenti al viso (punito con la reclusione da 8 a 14 anni). Quest’ultimo delitto abroga e sostituisce il delitto di lesioni personali gravissime, punito fino a 12 anni.
Infine viene introdotto il reato di violazione del provvedimento di allontanamento dalla casa familiare o di avvicinamento (punito con reclusione da sei mesi a tre anni).
Diventano reati perseguibili d’ufficio gli atti sessuali nei confronti di minori
L’inasprimento di sanzioni. Riguarda i reati di maltrattamenti in famiglia, aggravato se in presenza di minore, a danno di una donna in stato di gravidanza, di persona con disabilità o con armi, i delitti di violenza sessuale, attui sessuali con minorenne, di gruppo. Ergastolo per l’omicidio aggravato dalla relazione personale in un più ampio numero di ipotesi..
La procedura accelerata e il trattamento psicologico. La legge 69/2019 prevede una procedura accelerare nel caso il pubblico ministero abbia ricevuto notizia di reato: è stabilito che debba ascoltare la persona offesa o chi ha effettuato la denuncia entro 3 giorni, procedendo agli atti di indagine immediatamente. Quanto al reo, la legge specifica che potrà ottenere la sospensione condizionale della pena solo ove partecipasse ad apposito corsi di recupero presso centri di assistenza, mentre modifica l’ordinamento penitenziario (art. 4-bis, legge n. 354 del 1975) per consentire l’applicazione dei benefici penitenziari per i condannati per il delitto di deformazione dell’aspetto mediante lesioni permanenti al viso solo sulla base dei risultati dell’osservazione
scientifica della personalità condotta collegialmente per almeno un anno.
Anno 2018. Si stima che siano 8 milioni 816mila (43,6%) le donne fra i 14 e i 65 anni che nel corso della vita hanno subito qualche forma di molestia sessuale e si stima che siano 3 milioni 118mila le donne (15,4%) che le hanno subite negli ultimi tre anni.
Circa 1 milione 173 mila donne fra i 15 e i 65 anni hanno subito ricatti sessuali sul posto di lavoro nel corso della loro vita lavorativa.
Sono i dati Istat nell’ultima rilevazione consultabile, pubblicata nel 2018.
Considerando solo le tipologie di molestie sessuali rilevate anche nell’indagine ISTAT del 2008-2009, il fenomeno risulta in sensibile diminuzione. La stima delle donne che hanno subito molestie sessuali nei tre anni precedenti alle indagini è passata da 3 milioni 778mila (18,7%) nel 2008-2009 a 2 milioni 578 mila (12,8%) nel 2015-16.
Per la prima volta sono rilevate le molestie a sfondo sessuale anche ai danni degli uomini: si stima che 3 milioni 754mila uomini le abbiano subite nel corso della loro vita (18,8%), 1 milione 274 mila negli ultimi tre anni (6,4%).
Gli autori delle molestie a sfondo sessuale risultano in larga prevalenza uomini: lo sono per il 97% delle vittime donne e per l’85, 4% delle vittime uomini.
Molestie verbali. Le molestie verbali sono la forma più diffusa sia nel corso della vita (24% delle donne e 8,2% degli uomini) sia nei tre anni precedenti all’indagine.
Le molestie con contatto fisico, ovvero le situazioni in cui le vittime sono state accarezzate o baciate contro la loro volontà, sono state subite nel corso della propria vita dal 15,9% delle donne e dal 3,6% degli uomini.
Nella maggior parte dei casi, il 60%, questo tipo di molestie sono perpetrate da estranei o da persone che si conoscono solo di vista (15,8%). Considerando l’intero corso della propria vita, avvengono più frequentemente sui mezzi di trasporto pubblici per le donne (27,9% dei casi) mentre per gli uomini nei locali come pub, discoteche, bar (29,2%).
La percezione della gravità delle molestie fisiche subite è molto diversa tra i generi: il 76,4% delle donne le considera molto o abbastanza gravi contro il 47,2% degli uomini.
Molestie attraverso il web. Sono diffuse anche le molestie attraverso il web: nel corso
della propria vita il 6,8% delle donne ha avuto proposte inappropriate o commenti osceni o maligni sul proprio conto attraverso i social network e all’1,5% è capitato che qualcuno si sia sostituito per inviare messaggi imbarazzanti o minacciosi od offensivi verso altre persone. In questo caso il dato degli uomini non è particolarmente diverso (rispettivamente 2,2% e 1,9%).
Leggi la Relazione Istat La dimensione del fenomeno della violenza di genere 2018
In difesa delle donne (2018)
L’Ufficio di Valutazione Impatto del Senato della Repubblica ha predisposto una Guida pratica per orientarsi tra gli aiuti disponibili a livello nazionale e nei piani di intervento regionale.
Dalle case rifugio per le donne in fuga da partner violenti al codice rosa che accoglie le vittime al pronto soccorso, dalle campagne di sensibilizzazione nelle scuole ai centri per il recupero di uomini maltrattanti, ecco una ricognizione delle risorse più significative.
Leggi e scarica la Guida_In_difesa_delle_donne UIV Senato 2018
LINEE GUIDA CSM PER UNA EFFICIENTE RISPOSTA GIUDIZIARIA (2018)
Per provare a garantire una risposta giurisdizionale efficiente, il Consiglio superiore della magistratura ha approvato il 9 maggio scorso alcune Linee guida per la migliore organizzazione degli uffici giudiziari, procure e tribunali per la trattazione dei procedimenti penali nei casi femminicidio, stalking, stupro etc.
Le linee guida sono rivolte ai capi delle Procure e dei Tribunali, affinché predispongano nel miglior modo possibile gli uffici per una presa in carico di questi reati che dia risposte tempestive – ove ancora possibile- ai fini di tutela preventiva della vittima; o assicuri i responsabili alla giustizia il prima possibile.
Le linee di intervento sono quattro.
Specializzazione di pm e giudici (e magistrati onorari che se ne occupano in sede monocratica) con la costituzione di dipartimenti/gruppi di lavoro dedicati, valorizzando le specifiche attitudini dei singoli magistrati in fase di assegnazione.
Misure organizzative. Quanto alle tipologie di reato, ferma restando l’autonomia organizzativa dei procuratori, le indicazioni contenute nella delibera vanno nel senso di allargare la sfera dei reati nel cono delle linee guida a tutti quelli contro la libertà sessuale e la famiglia, il femminicidio, la prostituzione minorile, i maltrattamenti, la pedo pornografia, nonché quelli di mutilazione di organi sessuali, abbandono di minore o incapace, interruzione colposa o non consensuale di gravidanza, sottrazione di incapace e sottrazione e trattenimento di minore all’estero, adescamento di minore, istigazione alla pedofilia. Il Csm segnala l’opportunità di introdurre strumenti correttivi di riequilibrio rispetto alle pendenze medie sui ruoli e di accedere ad una positiva prassi organizzativa qual è l’utilizzo dello strumento processuale di cui all’art. 132 bis att. c.p.p., che consente corsie preferenziali per la trattazione dei procedimenti per violenza di genere e domestica. In questa prospettiva, il Csm suggerisce che fra gli uffici giudicanti e requirenti sia raggiunta una intesa per un coordinamento e raccordo nell’individuazione dei criteri di priorità e nella scelta degli incombenti processuali più adeguati a garantire la protezione della vittima.
Collaborazione magistratura e forze di polizia. Al fine di riconoscere gli indici sintomatici della violenza di genere e di garantire alla vittima una protezione efficace al di là dell’applicazione di misure cautelari, il CSM suggerisce di valorizzati i protocolli operativi che garantiscono la specializzazione delle forze di polizia, un efficace coordinamento delle stesse con l’autorità giudiziaria, onde prevenire i rischi per la vittima, un’accurata attività di raccolta delle notizie di reato, la previsione – nelle Procure – di un c.d. “turno violenza”; l’adozione di strumenti ed accorgimenti – in fase investigativa e dibattimentale – tali da evitare danni emotivi alle vittime (si pensi alle modalità di ascolto della vittima, che – per il trauma psicologico subito – può avere bisogno della presenza di esperti in psicologia o psichiatria che supportino gli inquirenti). Sotto il profilo della protezione della vittima, si auspica poi la diffusione di informazioni complete, comprensibili e chiare alle potenziali vittime di violenza. Ulteriori profili rilevanti riguardano l’opportunità di un coordinamento con la magistratura minorile, i giudici civili, le reti antiviolenza, i presidi sanitari e i servizi sociali, onde mettere a disposizione della magistratura tutti gli strumenti utili a prevenire i reati o, comunque, a fornire protezione e supporto alle vittime.
Gli ultimi dati sulla violenza di genere. Negli ultimi 4 anni si sono contati 600 omicidi: praticamente uno ogni due giorni.
Quello che facciamo fatica ad accettare, e forse qualche volta neghiamo, è che (con riguardo specifico ai femminicidi)
a) il 77% di vittime e autori sono italiani (dunque l’immigrazione non c’entra nulla)
b) il 55% di vittime e autori sono/erano legati da una relazione amorosa; nel 17% da parentela.
c) il 75% degli omicidi si consuma in famiglia.
Questi dati sono frutto di una analisi concreta, collegata strettamente ai fatti accaduti tra il 2010 ed il 2015 e raccontati in 400 sentenze di condanna, studiate dalla Direzione nazionale di Statistica del Ministero della Giustizia.
“Dall’analisi emerge un profilo primitivo circa le modalità dell’omicidio. Non siamo solo in presenza di esecuzioni rapide con armi da fuoco ma di veri e propri ammazzamenti a seguito di colluttazioni corpo-a-corpo in cui l’uomo sfoga una rabbia inaudita”, illustra con chiarezza e crudezza la ricerca.
Impressionante il calcolo delle “armi” usate. L’arma da fuoco è lo strumento utilizzato solo nel 12% dei casi; a segnalare l’effetto raptus di questi episodi c’è l’uso di armi taglienti (coltelli, forbici etc) nel 40% dei casi, nel 15% dei casi sono utilizzati armi contundenti, nel 9% calci e pugni. In mancanza, anche le sole mani vanno bene: infatti il 18% delle morti è avvenuta per strangolamento.
Gli esiti processuali sono impressionati. Se è vero che in primo grado le sentenze (quasi tutte a 20 anni di reclusione) sono nel 86% dei casi di condanna, è altresì significativo che il 7% dei casi di assoluzione (pari al 14% circa) avviene per accertata incapacità di intendere e di volere del reo al momento del fatto.
Clicca per scaricare la Inchiesta con analisi statistica del femminicidio in Italia, Ministero della Giustizia
Segnaliamo che il 6 febbraio 2018 è stata approvata dalla Commissione di inchiesta parlamentare sul femminicidio la Relazione finale che puoi scaricare cliccando DOC XX-Bis